I nuovi poveri sono i lavoratori

Che cosa è la povertà? Difficile rispondere e ogni argomentazione potrebbe essere contestata, i poveri sono gli indigenti assoluti o piuttosto quanti non hanno reddito sufficiente per una condizione di vita dignitosa?

La lotta alla povertà dovrebbe prefiggersi un obiettivo: riconquistare dignità salariale e contrattuale dentro una società basata sul lavoro equamente retribuito.

Dignità e lavoro sono strettamente connessi dentro un’ottica neokeynesiana spazzata via dai 40 anni neoliberisti, il mercato è diventato principio regolatore dei rapporti sociali e il ruolo dello Stato garante dei suoi meccanismi, rinunciando a priori ad ogni funzione di controllo e di guida a fini sociali dell’economia.

Da decenni ormai il potere di acquisto e di contrattazione è stata ferocemente attaccato e indebolito, l’erosione dei salari e delle pensioni è stata accompagnata da innumerevoli controriforme che hanno innalzato l’età pensionabile, ridotto il potere di acquisto e precarizzato il lavoro.

La campagna elettorale appena conclusasi ha semplicemente ignorato il problema, se nel centro-sinistra se ne fossero fatti carico avrebbero dovuto sconfessare loro stessi, i governi politici e quelli imposti dalla tecnocrazia europea che hanno sostenuto, in Parlamento e attraverso i corpi intermedi, senza remore, anzi con un entusiasmo demenziale fino a perdere di vista gli interessi reali dei lavoratori e delle lavoratrici.

La povertà non è quindi sinonimo di indigenza ma il risultato dei 40 anni neoliberisti che hanno peraltro acuito le disuguaglianze sociali e di reddito.

Nei paesi ex socialisti (reali) le disparità economiche sono decisamente più accentuate (specie ove hanno applicato la flat tax) ma anche nei paesi del capitalismo europeo è avvenuta insieme alla precarizzazione del lavoro il progressivo indebolimento dello stato sociale che taglia fuori da servizi e aiuti innumerevoli fasce della popolazione.

Oggi un rapporto Censis parla di 5 milioni di persone in povertà assoluta, poi esiste anche la povertà relativa di famiglie che rinviano un controllo medico, la spesa del dentista o prima del fermo amministrativo decidono di utilizzare una sola auto ricorrendo a motorini, mezzi pubblici e bici per recarsi al lavoro allungando i tempi degli spostamenti da casa a discapito della qualità della vita.

Quasi 9 milioni di uomini e donne vivono nella povertà relativa, per far quadrare il bilancio familiare devono fare i salti mortali tagliando innumerevoli spese o affidandosi al fido in banca; si fa strada quella figura, analizzata da Lazzarato anni or sono, del lavoro indebitato che non riesce a garantire per sé e i familiari una esistenza dignitosa.

Rispetto a 50 anni fa avere un lavoro non significa superare la condizione di povertà, anzi sono sempre più numerosi i lavoratori e le lavoratrici costretti a vivere in condizioni di povertà e non parliamo solo dei precari, delle fittizie partite iva ma di quanti operano, con contratti da fame, nei servizi, nel terzo settore, nel cosiddetto privato sociale.

La proliferazione dei contratti nazionale è il risultato delle privatizzazioni , per accreditarsi la rappresentatività i sindacati cosiddetti rappresentativi hanno operato scelte perdenti che alla fine indeboliscono i poteri di acquisto e di contrattazione rafforzando solo la parte datoriale.

Non si tratta di rilanciare una  società basata sul lavoro ma di comprendere come la svalorizzazione e la precarizzazione del lavoro sono i risultati del neoliberismo e della trappola europea; i dettami di Maastricht sul pareggio di bilancio sono tra le cause scatenanti delle disuguaglianze in paesi nei quali il ruolo regolatore dello Stato aveva permesso un tenore di vita dignitoso e la tanto decantata scalata sociale (oggi invece l’ascensore sociale è fermo).

Se vogliamo aggredire la miseria dilagante bisogna cambiare registro e allontanarsi dalle sirene europeiste e del liberismo temperato che poi per sua natura temperato non è mai stato.

Fonte

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *