Vincere per cosa?

Da quando si è persa per strada questa domanda, le elezioni di qualsiasi genere sono diventate un “nonsense” per una massa enorme di cittadini/e. I poveri e i lavoratori i più rassegnati. Perso il “per cosa” sarebbe anche facile in Lombardia accettare (per vincere) la Moratti. In effetti per “vincere” e mandare a casa le destre di FdI e Lega al governo da 30 anni, lei sarebbe la candidata migliore. Ha parte dei poteri della sanità con sè, quel mondo cattolico e laico più intriso di “affarismo” e molti soldi di suo da investire.

Quindi se tutto si riduce al “vincere” dovremmo dare ragione a Calenda/Renzi e al disarmante Zanda del PD e appoggiare la Moratti. Tra i più cinici si potrebbe obiettare, intanto vinciamo e poi ne parliamo delle cose da fare. L’esperienza insegna però, che il “dopo” annulla il “per cosa” e resta solo un lastricato per l’inferno di buone e inutili intenzioni. Resta in specie la carriera dei singoli slegati dal progetto. Se ci sforziamo di pensare al “per cosa”, capiamo di vivere in un’epoca opaca e pattizia dove gli affari dell’economia sovradetermina la politica, la comanda e la dirige.

Ho un vivo ricordo delle vittoria a Milano con Pisapia, la felicità dei primi giorni, lo sconcerto mio e di tanti nel retro palco del Duomo pieno di esponenti dei poteri che combattevamo. Poi a seguire lo sconcerto silente all’annuncio qualche giorno dopo, del Tabacci assessore alle finanze. Rimase il tempo di vendere SEA ai poteri suoi amici e se ne andò via rapido. Quel giorno morì “la rivoluzione gentile” compromettendosi e l’inizio di un rapido “tutto cambia perché nulla cambi”. Eppure di “per cosa” avevamo pure discusso… eccome. Inutilmente.

Ora sento nel dibattito pubblico gli stessi ragionamenti per la Lombardia. Il “per cosa” è sottotraccia e al più uno spiffero. Resta però la domanda principale e se i partiti non sono in grado di rappresentarla, forse non è ancora tempo di vincere per rivoluzionare.

Matteo Prencipe, Segretario Provinciale PRC-SE Milano

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