Il capitalismo si fa chiamare mercato per vergogna

L‘astuzia del capitalismo di mascherarsi da mercato senza nome, a scivolare via nell’anonimato di un grande flusso come un destino di cui nessuno porta la responsabilità.

Capitalismo e mercato

È vero, oggi il capitalismo si vergogna a utilizzare questo nome per identificarsi. Preferisce farsi chiamare “mercato”, perché allontana da sé l’immagine sgradevole dei robber barons – i capitalisti rapaci – degli albori del capitalismo americano di fine 800-inizio 900.

Il mercato punta a non avere nomi e cognomi, a scivolare via nell’anonimato di un grande flusso che tutti ci avvolge, cittadini e stati, come un destino di cui nessuno porta la responsabilità. Un mercato che dopo aver venduto il passato e il presente si occupa di vendere il futuro, scommettendo indifferentemente sui guadagni e sulle perdite, senza più alcun legame con gli oggetti reali, con gli stessi beni di consumo.

Se ci fate caso negli anni 60 e 70 ancora c’erano i padroni. Agnelli-Pirelli-fratelli-gemelli, erano protagonisti sia nei cortei che nei rotocalchi popolari. La correlazione tra il capitalismo e il lavoro che produceva l’accumulazione capitalistica era visibile e chiara a tutti.

Poi invece tutto è diventato vago, le divisioni di classe sono state date per finite, mentre ahimè nello stesso tempo le disuguaglianze continuavano a crescere in misura esponenziale.

L‘astuzia del capitalismo di mascherarsi da mercato senza nome, il suo nascondersi dentro un gioco di scatole cinesi in cui la proprietà delle imprese si componeva e ricomponeva in forme sempre nuove, ha perfino fatto perdere le tracce di quelli che una volta erano i padroni.

Oggi è spesso difficile sapere con chi bisogna prendersela, chi è il “nemico di classe”, come si usava dire.

Forse che i nemici di classe non ci sono più? No di certo, ci sono eccome, ma sono molto più lontani e poco percepibili. Hanno anche imparato a scompaginare la coscienza di classe dei lavoratori, frammentandola in un caleidoscopio di soggettività intercambiabili, in cui nulla è ormai più come appare.

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